Le emozioni e la responsabilità nelle organizzazioni

da dove emergono depressione, alienazione e comodità mortale


L'individuo, sistema complesso descrivibile come struttura-organizzazione-processo, definisce i propri confini attraverso la comunicazione con se stesso e con il mondo (intrecciate ricorsivamente).

 

Se gli individui assumono passivamente missioni, strategie, norme, organigrammi… forniti dall'azienda, vivono in confini che forniscono significati e identità fasulli, non partecipati, sostanzialmente alieni.

 

I limiti non scelti attraverso una responsabile comunicazione continua con la realtà creano automatismi, vale a dire azioni compiute senza essere state consapevolmente scelte, in uno stato di dissociazione rispetto a se stessi, alla propria esperienza, ai propri bisogni (sulla base dei quali è bene valutare le conseguenze a lungo raggio).

 

Assumere confini alieni crea una condizione esistenziale molto povera, significa:

  • perdere il contatto con il proprio sentirsi esistere (autonomo e interconnesso)
  • riconoscere se stessi non attraverso il contatto con la propria esperienza ma attraverso l'identificazione con dei limiti non scelti e dunque
  • dissociarsi per valutare quanto la propria idea di se stessi corrisponda a standard definiti da esigenze a noi estranee
  • valutare se stessi in base alla misura della propria conformità e dunque
  • perdere il senso del proprio valore assoluto delegando all'esterno il senso del valore
  • perdere il piacere di una esperienza autentica sospesi in un tempo non presente
  • affannarsi per raggiungere obiettivi non propri e dunque non godere il loro (eventuale) raggiungimento
  • la promozione nella quotidianità di automatismi e abitudini che rendano superfluo l'esercizio dell'attenzione
  • la ricerca dell'indifferenza emotiva e/o il rifiuto di emozioni sgradevoli

Questa misera condizione esistenziale è aggravata da più fattori che si rafforzano reciprocamente in maniera riscorsiva:

  • Si attua e si rinforza attraverso la scelta più o meno inconscia di mantenersi dissociati rispetto ai propri bisogni e alla propria esperienza. L'unica dimensione esperenziale (cioè che tiene conto delle conseguenze delle proprie azioni) connessa all'assunzione passiva dei confini consiste nella ricerca del premio o nella fuga dalla punizione incontrati nel proprio conformarsi a standard estranei.
    • I desideri vissuti in questa condizione si riducono all'ottenimento dei premi (es: un riconoscimento, fonte di falsa identità, che è implicitamente riconoscimento di conformità) e all'evitamento delle punizioni (es: un'accusa di non conformità, misconoscimento implicito del valore assoluto di una persona).
    • La misura della propria soddisfazione viene affidata a criteri esterni al soggetto: il piacere si riduce allo scarno godimento delle illusioni egoiche circa il proprio valore e la propria sicurezza, mentre le paure si nutrono dei giudizi negativi circa la propria inadeguatezza.
  • La povertà di questa condizione esistenziale spesso non è percepita consapevolmente, pur essendo per ognuno fonte più o meno intensa di disagio spesso misconosciuto.  Il disagio può emergere talvolta dolorosamente con la percezione imprecisata dell'estraneità alla propria vita e a se stessi. Può esprimersi dolorosamente attraverso l'impossibilità di rispondere a domande quali "a che pro vivo così?" "Chi sono?" "che senso vero ha il mio vivere?". Sono domande dolorose perché non possono trovare risposta autentica proprio in quanto sono poste da una posizione di dissociazione.
  • Questa condizione è ricorsivamente rinforzata dalle illusioni di stabilità, risparmio di energie, sicurezza, prevedibilità, significato e identità forniti dal conformarsi a limiti assunti piuttosto che continuamente rinegoziati creativamente. Le illusioni, per la loro natura di 'speranze dissociate', a loro volta rafforzano lo stato di dissociazione. Nella apparentemente comoda posizione regalata da queste illusioni, i confini non scelti-negoziati alienano chi li assume passivamente e gli negano la possibilità di soddisfare i propri bisogni misconosciuti. Subendo il fatto che stando dentro i confini sono premiato mentre uscendone o ignorandoli sono punito, rischio di confondere ciò che voglio e non voglio con il premio e la punizione. Così dissociato dai miei veri bisogni finisco per scegliere automaticamente come miei i confini imposti perché ad una analisi superficiale sembrano delineare la condizione più adatta a soddisfare i miei bisogni ridotti a premio-no punizione.

Se da una parte la scelta, più o meno inconscia, di abdicare alle proprie responsabilità di presa immediata sulla realtà regala una posizione apparentemente comoda, dall'altra si fa strada, in misura diversa in ciascuno, il doloroso sentimento di mancanza di un contatto vero con la realtà, del senso forte della vita vissuta oltre la prevedibilità e per l'affermazione di confini autenticamente riconosciuti come propri. Questo disagio viene percepito in maniera imprecisa, ma può essere devastante, insieme al sentimento della mancanza di libertà e della mancanza di potere nel soddisfare i propri bisogni misconosciuti.

 

Instaurare un buon clima etico significa incoraggiare il fiorire autentico di ciascuno.

 

Il primo passo verso la consapevolezza etica consiste nell'acquisire competenze per utilizzare intelligentemente le emozioni:

  • utilizzare l'emozione per accorgersi di come si sta interpretando la realtà
  • utilizzare l'emozione per accorgersi dei significati sociali della relazione che l'ha suscitata
  • utilizzare l'emozione per scegliere e negoziare la relazione e dunque l'azione appropriata

 

In pratica significa scegliere come esprimersi partendo dalla consapevolezza di come sperimentiamo/siamo.

Nell'azione etica come in quella emotivamente consapevole cosa e come si causano ricorsivamente.