Educazione ad offendersi

che vuol dire educazione al conformismo, al sentirsi disadatti, non amati


Gran parte dell'educazione riguarda il diventare ciò che secondo altri dobbiamo essere, in modo da essere accettati, così da far sentire l'educatore un buon educatore.

 

E’ un circolo vizioso che si auto-alimenta: l’educatore, che è un bimbo cresciuto che ha subito la stessa educazione che impartisce, crede di potersi considerare bravo se i bambini ‘diventano’ dei bravi bambini; il bambino per diventare “bravo bambino” deve imparare a giudicarsi e a considerarsi bambino (“bambino” indica una relazione di potere, non una persona).

 

Basta essere ciechi alla persona e imporre un’immagine del bimbo accettabile e il loop è attivato e mantenuto dal terrore dell’educatore di non essere accettabile come educatore, cui i bimbi rispondono con il terrore di non essere accettati come bambini.

 

L’educazione a cui siamo sottoposti nella nostra cultura induce a ‘recitare’ quanto ci si aspetta da una persona nella sua relazione con l'autorità, e a dimenticare di stare recitando.

 

Si educa per insegnare quali risposte dare, e si è considerati ben-educati quando non si conosce altra scelta che quella delle risposte previste. Prima di essere educati si era imprevedibili.

 

L’educazione promuove automatismi di cecità verso noi stessi e gli altri. Sono automatismi efficienti in contesti gerarchici stabili, dove l’ordine è mantenuto da un’autorità. Ma dove vogliamo promuovere cambiamenti per stare bene insieme, questi automatismi ci fanno spendere ben più delle energie risparmiate. E creano il dolore della dissociazione da sé stessi.

 

Ogni gruppo umano ha regole e metodi di giudizio che servono sia a differenziarlo da altri gruppi, e quindi consolidare i legami interni, sia a rendere le reazioni e i comportamenti prevedibili, e quindi ridurre la quantità di energia spesa all'interno del gruppo per comunicare.

Ogni cultura è dunque anche conservatrice e pertanto limita la capacità del gruppo di fronteggiare il nuovo e l'imprevisto.

 

Fortunatamente un sano egoismo può negoziare con i condizionamenti culturali mitigandone gli effetti omologanti.

La ricerca del proprio benessere aderendo a se stessi (vale a dire la ricerca della libertà attraverso l’assunzione di responsabilità rispetto ai propri veri bisogni e alla volontà/necessità di costruire relazioni di vantaggio reciproco con gli altri) può contribuire alla costruzione di una cultura che evolve in un continuo processo ricorsivo.